La maggior parte delle mie prediche era riguardo un argomento, focalizzato su uno o più temi scottanti, ma quando finivo gli argomenti iniziavo ad annunciare una serie di prediche espositrici. Una di quelle serie ci portò attraverso il Vangelo di Matteo nel corso di vari mesi. Non ricordo molto di quei sermoni. Di sicuro non ricordo come gestii il passo nel capitolo ventitré dove Gesù avvertiva i suoi discepoli di non adottare lo stile di guida degli scribi e dei Farisei:
Ma voi non vi fate chiamare “Rabbí”; perché uno solo è il vostro Maestro, e voi siete tutti fratelli. Non chiamate nessuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è il Padre vostro, quello che è nei cieli. Non vi fate chiamare guide, perché una sola è la vostra Guida, il Cristo.
Matteo 23:8-10
Quando ero un giovane padre, mi consideravo un genitore abbastanza bravo. Oggi, però, la saggezza dell’avvertimento di Cristo mi risalta nettamente, perché sono dolorosamente conscio dei molti modi in cui ho deluso miei figli, negando i loro bisogni più profondi e sprecando preziose opportunità per amarli. Tendo a scusarmi molto con i miei figli di questi giorni, cercando di chiedere perdono. Alzano gli occhi al cielo quando inizio. “Sei troppo duro con te stesso”, dicono, dandomi un colpetto sul braccio. “Abbiamo avuto una buona infanzia. Tu e mamma siete stati degli ottimi genitori”. Ma non riesco a fare a meno di pensare, vi ho fatto più male di quanto possiate immaginare.
Siccome nessun genitore umano è perfetto, ognuno di noi è stato ferito durante l’infanzia, che lo riconosciamo o meno. In modi grandi o piccoli, le ferite inflitte dai nostri genitori che alterano la nostra vista e limitano il nostro movimento, e le nostre reazioni contro di loro producono ogni sorta di impulso auto-sabotatore. La maggior parte di noi inizia a scoprire le imperfezioni dei nostri genitori durante l’adolescenza, e presto cerchiamo dei surrogati tra i nostri coetanei o nella cultura di massa. Potremmo anche cercare quell’insegnante perfetto o quel capo perfetto, un saggio e amorevole adulto che ci può spiegare l’universo e il nostro posto in esso. Da un certo punto di vista, stiamo tutti cercando Pop.
Ma alla fine, ogni rimpiazzo dei nostri genitori ci delude, perché nessun genitore umano è perfetto. Col tempo potremmo decidere di affrontare la questione noi stessi, di “fare noi da genitori” a noi stessi, e potremmo provare a salvare il dolore della nostra infanzia diventando un genitore per qualcun altro. Se abbiamo una qualche attitudine per il ruolo, è abbastanza facile per noi attrarre discepoli. Molte persone stanno cercando un genitore surrogato. Inevitabilmente, però, deludiamo tutti i nostri seguaci in un modo o in un altro. Mentre i nostri difetti iniziano ad apparire, i nostri discepoli disillusi potrebbero andarsene via in cerca di genitori migliori, ritornando allo status di orfani, oppure decidere che è tempo di prendere il ruolo di genitori loro stessi.
L’avvertimento di Gesù è sorprendentemente chiaro. Non giocate alla famiglia!
Gesù diceva sempre che viveva la sua vita con la prospettiva del cielo, costantemente cosciente dello sguardo del Padre, affidandosi alla sua cura e cercando di fare solo la sua volontà. Gesù ha insegnato ai discepoli a pregare il “Padre Nostro che sei nei cieli”, affidandosi al loro Padre celeste per i loro bisogni quotidiani. Promise inoltre che dopo la fine del suo ministero d’insegnamento sulla terra, il Padre avrebbe mandato il suo Spirito, lo “Spirito di verità”, che avrebbe dimorato in loro e li avrebbe portati tutti alla verità. “Avete un Maestro”, disse Gesù. “E avete un Padre. Perciò, non aspettatevi che nessuno ricopra quei ruoli, e non provate a ricoprirli voi stessi. Ricordate, voi siete tutti fratelli”. (Vedi Matteo 23:9-11)
Autore: Nate Larkin (tratto dal suo libro “Sansone e i monaci pirati”)