Mentre passavano i mesi e col tempo imparavo a conoscere le storie di altra gente nella mia cerchia dei dodici passi, rimasi sorpreso nello scoprire che molti di loro erano cristiani. Alcuni avevano iniziato il percorso di recupero dopo aver fallito in modo plateale in chiesa; altri erano dei nuovi cristiani che lo erano diventati tramite il loro percorso di recupero. Imparai velocemente che quasi ogni chiesa in città era rappresentata in questa silenziosa sottocultura di alcolisti anonimi in fase di recupero.
Un giorno, durante una conversazione casuale dopo un incontro, tirai in ballo il pluralismo religioso del gruppo. Sapevo che questo tizio era un cristiano devoto, un leader nella sua chiesa e volevo sapere come gestiva gli aspetti non cristiani della compagnia.
Feci attenzione sul come tirare in ballo l’argomento. “Sono veramente contento di fare parte di un gruppo di recupero basato sui dodici passi”, dissi. “Per la prima volta nella mia vita adulta, sto sperimentando qualche vittoria contro la lussuria. Sto iniziando a vedere un vero cambiamento nella mia persona. Mi si sta aprendo un mondo. Il mio cuore sta tornando alla vita. Persino mia moglie sta iniziando a notare la differenza. Dio è molto reale per me in questi giorni, ma d’altra parte sto anche sentendo un certo livello di disagio”.
Mi guardò con l’aria di chi aveva capito. “Disagio spirituale?”
“Esattamente. Anche se non sono stato un ottimo cristiano, credo veramente che Gesù sia unico. Per me, è più di un saggio o un profeta. È il Salvatore – la Via, la Verità e la Vita – l’unico mediatore tra Dio e l’uomo. Credo anche nella realtà del peccato e nella necessità della croce. Credo che tutti noi abbiamo bisogno di perdono, che Dio ci estenda questo perdono tramite la sua grazia, e che la riceviamo attraverso la fede in Cristo”.
“Lo credo anch’io”, disse lui.
“Perciò mi sta iniziando a dare veramente fastidio,” dissi, “che non posso dire il nome di Gesù in un incontro senza ricevere degli sguardi divertiti. Parliamo della malattia negli incontri, ma non del peccato, progresso ma non redenzione, del “Grande Libro” ma non della Bibbia. E mi sembra ovvio che alcune persone in questi incontri credano in un dio molto diverso dal mio, uno spirito che pervade l’universo ma che non si può distinguere da esso”.
“E la trovi una minaccia?”, mi chiese.
“Lo trovo preoccupante”, dissi. “I nostri concetti di Dio sono contraddittori. Non possono avere tutti ragione, e il primo dei Dieci Comandamenti mi porta a credere che il mio Dio sia un po’ permaloso per quanto riguarda altri dei”.
“Se leggi attentamente la tua Bibbia”, replicò lui, “penso che troverai che Dio ha sempre chiamato il suo popolo alla fedeltà, ma che trova anche piacere nell’estendere la sua bontà ad altre persone fuori dal suo popolo prescelto. Quello, per me, è il messaggio del Nuovo Testamento. È il messaggio che causò problemi a Gesù alla fine del quarto capitolo di Luca. Se Gesù camminasse sulla terra oggi, avrebbe parecchie critiche verso la chiesa, ma non penso che passerebbe molto tempo a giudicare i gruppi dei dodici passi su delle basi dottrinali”.
“Inoltre, perdonami se te lo dico”, continuò, “mi sembra che la tua fede sia più intellettuale che concreta. Dici di credere in Dio e in Gesù Cristo, ma alcuni di quelli nel gruppo che non sono cristiani mostrano più fede in Dio di te. Si fidano di Lui veramente. Il tuo comportamento fino a questo punto dimostra che non ti fidi di Lui.
Perciò piuttosto che sprecare altro tempo a ossessionarti sui loro dei, ti suggerisco di concentrarti sull’idolatria presente nel tuo cuore. Chiedi a Dio di rivelare le cose di Dio che adori più di Lui, e lavora sodo per liberarti di quelle cose”.
Ahia.
In una conversazione che ebbi qualche tempo dopo, quel mio stesso amico mi fece notare che la mia idea di integrità era irrealistica e non biblica, e che questo semplice malinteso mi aveva precluso lo sperimentare la potenza e la dolcezza del Vangelo. Avevo provato a essere Dio, piuttosto che amare Dio, provando a raggiungere un posto dove meritavo la misericordia di Dio e dove non ne avevo più veramente bisogno. Le mie ambizioni erano fuori controllo. Sì, è vero, disse, che Dio vuole uomini integri. Ma integrità non è perfezione. Non è completezza. Non è nemmeno purezza delle intenzioni, qualcosa che, francamente, non siamo neanche capaci di raggiungere. Piuttosto, l’integrità è una combinazione di onestà rigorosa riguardo la mia condizione e fede umile nell’incrollabile amore di Dio.
Decisi di seguire l’esempio del mio amico e concentrarmi sulla mia fede piuttosto che sulla teologia delle persone intorno a me. Provai persino a mettere in discussione le mie idee religiose, sforzandomi di parlare a Dio senza usare le “parole chiave” cristiane e ascoltando la Sua voce nelle conversazioni quotidiane, incluse quelle con persone le cui credenziali religiose erano discutibili.
Per molti anni avevo visto la Bibbia come il manuale di un pastore, aprendola solamente per seguire un sermone o per prepararne uno io stesso. Ma ora, guardando la Bibbia da un’altra prospettiva, iniziai a vedere nelle sue pagine una vasta storia d’amore e di redenzione, popolata di personaggi con i loro difetti e con una passione pulsante, una storia dove, alla fine, l’unico vero eroe è Dio. Catturato dalla storia, mi promisi di leggere dall’inizio alla fine tutta la storia della Bibbia per la prima volta. Lì, in modo abbastanza inaspettato, mi rividi nella storia di Sansone.
Autore: Nate Larkin (tratto dal suo libro “Sansone e i monaci pirati”)