La Scrittura è chiara sul fatto che Dio opera nella nostra lotta di esseri umani, più che teletrasportarci fuori da essa. All’inizio del Vangelo di Giovanni, Dio si addentra così tanto nelle difficoltà dell’uomo da prendere la nostra sarx (questa è la parola del Nuovo Testamento per indicare la carne vulnerabile, quella incline al peccato) e “abita fra di noi” (1:14). La nostra impurità sessuale è il luogo in cui Dio si presenta.
Sono convinto del fatto che il Dio dell’universo non sia né sorpreso né provi vergogna per il comportamento sessuale a cui partecipiamo. Anzi, lo considera lo stadio attraverso il quale si svolgerà l’opera di redenzione nella nostra vita. Il peccato presente è la porta che conduce all’opera più ampia del Vangelo per portare guarigione alle ferite del passato e conforto,
persino potenza, alle difficoltà del presente. Pertanto, quanto prima decideremo di assumere un atteggiamento di curiosità per le nostre carenze in ambito di moralità sessuale, tanto più in fretta prepareremo il nostro cuore per il lavoro di redenzione che ci attende.
Dio si avvicina a noi perché tiene alla nostra gioia, non perché guardandoci si sente deluso. La sua natura amorevole vuole darci un diadema invece di cenere, olio di gioia invece di dolore, un mantello di lode invece di uno spirito abbattuto (si veda Isaia 61:3). Non esiste una vergogna tanto profonda che l’amore di Dio non la possa raggiungere. Non c’è una storia che lui non possa redimere. Il paradosso del Vangelo è che i nostri fallimenti non ci condannano: ci connettono in maniera più profonda.
Autore: Jay Stringer (tratto dal suo libro “Indesiderati”)